Il tutto, per avere ulteriori e più precisi strumenti per poi prevedere eventuali interventi legislativi. Si tratta, infatti, di un settore, in Italia, dove mancano gli strumenti per una reale tutela del paziente. Serve, inoltre, una stima reale – attualmente assente – sui casi di complicanze e di trattamenti mal riusciti: incidenti di percorso che possono portare anche a danni permanenti.
L’obiettivo è quello di un sistema di informazioni certificate: negli USA succede già, con l’Asaps (società americana di chirurgia plastica) che pubblica sul suo sito web dati accessibili a tutti i cittadini.
L’Asaps parla di un rischio complicanze pari al 7,7%: si tratta di problemi di varia intensità, e che a volte possono manifestarsi anche dopo molto tempo dall’applicazione (3-5 anni ) e sono difficili da correggere o rimuovere. I filler naturali, invece – molto più diffusi – hanno anche una percentuale di effetti collaterali più bassa: lo 0,03%. Si tratta di sostanze come l’acido ialuronico e il collagene, che si riassorbono in 6-12 mesi.
Via al censimento, dunque. Che il caso mediatico di Cristina Del Basso abbia fatto riflettere?