La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo gastrointestinale che provoca dolore addominale e causa gonfiore soprattutto se si consumano alcuni prodotti alimentari particolari, come grano e derivati del latte. Secondo un recente studio, però, la sindrome dell’intestino irritabile conosce netti miglioramenti se nella dieta viene inserito il grano khorasan KAMUT®.
Il Kamut è un marchio che indica il grano khorasan, un tipo di frumento diverso rispetto a quello che siamo soliti consumare a tavola ma che ha spiccate proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti e, per questo motivo, rappresenta un valido aiuto nel combattere con efficacia i dolori intestinali che sono in qualche modo legati all’alimentazione. Prima di arrivare a capire che il grano khorasan a marchio Kamut potesse rappresentare davvero una soluzione vincente nella cura della sindrome dell’intestino irritabile, sono state tante le ricerche fatte e tutte hanno portato allo stesso epilogo, come dichiarato da Bob Quinn, PhD, agricoltore biologico e fondatore di Kamut International sull’importanza del grano khorasan KAMUT® nella dieta.
Dopo il consumo di prodotti a base di grano antico, i pazienti hanno sperimentato un significativo miglioramento globale nella portata e gravità dei sintomi legati alla sindrome dell’intestino irritabile, come gonfiore, distensione addominale, dolore addominale e relativa frequenza, stanchezza e consistenza delle feci, con un conseguente miglioramento della qualità della vita. Al contrario, nessun miglioramento significativo è stato rilevato durante il periodo di intervento con il grano moderno
Insomma il ritorno al vecchio, ovvero al grano antico, potrebbe essere una strada vincente da percorrere per coloro che ogni giorno si trovano a lottare con le conseguenze di un intestino irritato o che tende ad infiammarsi con poco causando dolori e alterazioni importanti che spesso condizionano la vita di chi ne soffre. La sindrome dell’intestino irritabile, comunque, è una patologia particolarmente diffusa: si stima che almeno il 20% della popolazione nei paesi industrializzati ne soffra con regolarità.
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