Il precariato viene vissuto nella maggior parte dei casi, e non sorprende affatto, come fonte di stress negativo. La flessibilità portata all’estremo che rende simili a bambolotti snodabili nelle mani di un mercato del lavoro sempre più somigliante ad una bambina capricciosa che tormenta i suoi giocattoli, i contratti a tempo che generano ansia ed insicurezza, l’instabilità economica e spesso la difficoltà di mettere radici e stabilirsi che rende difficile anche la vita sociale ed affettiva. Tutto questo che effetto ha sulla salute?
Se lo sono chiesto numerose ricerche e finora la relazione rilevata non promette nulla di buono. I giovani precari, ad esempio, sono risultati più a rischio di impotenza, depressione, stress mentale. Per non parlare di un vero e proprio stress da precarietà, sindrome che affligge un’intera generazione di nuovi lavoratori che, affrontano, oltre al tipico e noto stress da lavoro, anche il fattore instabilità.
Un recente studio effettuato dall’Eurodap, l’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, ha appurato che chi ha un lavoro precario ha sviluppato almeno uno di questi disturbi, destinati a peggiorare se la stabilità lavorativa tarda ad arrivare:
Gastrite, colite, dermatite, insonnia, tachicardia, attacchi di panico, di ansia, sensazione persistente di inadeguatezza e di pericolo.
Spiega la dottoressa Paola Vinciguerra, presidente Eurodap che
Secondo un recente sondaggio online svolto dall’Eurodap su 300 persone tra i 25 e i 55 anni, il lavoro è la maggiore fonte di stress per il 70% degli interpellati. Il 60% teme i colleghi, mentre il 40% si dice completamente assoggettato al capo per paura di essere licenziato. Il luogo di lavoro è diventato ormai altamente conflittuale a causa della precarietà che impera e la sensazione di essere in pericolo ci costringe ad essere perennemente all’erta.
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[Fonte: ASCA]