La battaglia contro l’Aids che diverse associazioni ed organizzazioni, nazionali ed internazionali, stanno portando avanti da anni, sta dando i suoi frutti. Bloccare il contagio è praticamente impossibile, però ciò che si riesce a fare è almeno limitarlo. E’ quanto accaduto in Italia, un Paese in cui, rispetto alla media Occidentale, si rientra nella fascia dei contagi medio-alti, in cui però c’è una buona notizia: si sono ridotti i contagi dovuti alla tossicodipendenza.
Negli anni ’80 infatti, a causa della poca informazione, era molto comune il passaggio del virus HIV tra tossicodipendenti che si scambiavano le siringhe, ma oggi, grazie a massicce campagne, ciò non avviene quasi più. Se infatti nel 1985 i tossicodipendenti affetti da Aids erano il 74,6%, nell’ultima rilevazione, quella del 2009, sono risultati appena il 5,4%.
Ma quanto di buono si è fatto in questo campo, non si è ripetuto nell’ambito della trasmissione sessuale, dove i numeri sono invertiti: 7% nell’85, 79% oggi. L’impatto è distribuito sia nei rapporti etero che omosessuali, e lo scarso ricorso a metodi di prevenzione, insieme ad una certa promiscuità, ha favorito il diffondersi di una malattia che, pian piano, stavamo riuscendo a controllare.
Molti malati sono stranieri, circa uno su tre, e questo spiega anche come mai la diagnosi avviene mediamente sempre più tardi. Secondo i dati infatti, la fase in cui la malattia viene scoperta è sempre più avanzata, dato che molto spesso gli stranieri, per paura o per ignoranza, evitano di recarsi in ospedale quando compaiono i primi sintomi, e ci finiscono soltanto quando ormai non sono più recuperabili.
La maggior incidenza delle circa 45 mila vittime degli ultimi 15 anni dell’Aids (circa un migliaio nel 2010) è nel Centro-Nord, con l’Emilia Romagna in cima a questa classifica poco piacevole, mentre il Sud ha una incidenza piuttosto bassa, con la Calabria che fa registrare i numeri inferiori. Molto è cambiato negli ultimi anni, come l’età media in cui ci si ammala di Aids (44 anni per i maschi, 40 per le femmine), circa 10 anni in più rispetto a 20 anni fa, o almeno questa è l’età in cui viene diagnosticata la malattia, dato che, come abbiamo visto, la diagnosi è fatta sempre più tardi. E questo ritardo porta anche ad una terapia sempre più complicata, tanto da far risultare in 39.344 i decessi totali in Italia al 31 dicembre 2010, il 62,8% dei contagiati.
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