Secondo uno studio condotto di recente da Read Montague del Dipartimento di Neuroscienze del Baylor College of Medicine di Houston, e pubblicato sulla rivista scientifica Neuron le difficoltà relazionali delle persone affette da autismo sono da ascrivere alla loro difficoltà a creare una rappresentazione mentale del Sè e non nell’incapacità di comprendere il comportamento altrui.
L’autismo è una grave patologia che si manifesta entro il terzo anno di vita e comporta insieme a deficit di linguaggio e comportamentali (condotte aggressive anche autolesive, iperattività, eccessiva sensibiltà ai cambiamenti, uso inappropriato di oggetti, comportamenti, almeno apparentemente, privi di senso), difficoltà relazionali costituite da tendenza all’isolamento e scarsa, o assente, reattività agli stimoli che provengono dall’esterno. Spesso, se sollecitati non presentano alcuna reazione nè di tipo verbale nè di tipo non verbale (assenza di contatto oculare e mimica inalterata). Le cause dell’autismo, descritto per la prima volta dallo psichiatra Leo Kanner, sono tuttora sconosciute.
Nello studio condotto da Montague 46 adolescenti, 16 dei quali autistici con un quoziente intellettivo normale o superiore alla media, sono stati coinvolti in un gioco di coppia basato sulla collaborazione e sulla fiducia. Durante lo svolgimento del gioco l’attività cerebrale di entrambi i soggetti veniva monitorata simultaneamente attraverso una tecnica messa a punto appositamente dall’equipe di Montague, il cosiddetto iperscanning. Nei ragazzi non autistici si registravano a livello della corteccia cingolata due picchi di attivazione cerebrale: uno connesso alla comprensione del comportamento del compagno e l’altro correlato al ruolo che il soggetto comprende di avere nel gioco e alla previsione delle conseguenze del proprio comportamento.
Negli adolescenti autistici il livello di attivazione cerebrale relativo alla comprensione del proprio ruolo è nettamente inferiore al primo, se non assente. E tanto più basso è il livello di attivazione cerebrale, tanto più gravi sono i sintomi presentati. Il fenomeno, secondo Montague, è riconducibile alla difficoltà di creare una rappresentazione mentale del sè all’interno delle relazioni.