Il metodo Zamboni non convince la FDA (Food and Drug Administration) statunitense. O meglio, il suo parere al riguardo di un sperimentazione circa il trattamento della Ccsvi finalizzato alla cura della sclerosi multipla, non è confortevole. In particolare con un comunicato per pubblicazione immediata la Fda ha allertato gli operatori sanitari ed i pazienti sui rischi dell’ormai noto metodo Zamboni, definito anche come “terapia della liberazione”: questo in seguito ad alcune segnalazioni ricevute di lesioni e decessi, ipoteticamente riconducibili a tale pratica. In realtà però, la FDA non ha propriamente bloccato le possibilità di sperimentazione al riguardo negli Stati Uniti, ma ha messo un veto determinante circa l’utilizzo del metodo che dovrà essere praticato solo dopo una seria valutazione della sicurezza dei pazienti, ed il rilascio dell’autorizzazione della medesima allo studio clinico. Ma cerchiamo di comprendere meglio la questione.
Cos’è la FDA
La FDA è l’agenzia americana del Dipartimento della Salute e Servizi Umani, deputata a proteggere la salute pubblica garantendo l’efficacia e la sicurezza dei farmaci umani e veterinari, vaccini e altri prodotti biologici per uso umano, oltre che dei dispositivi medici. Tale agenzia è altresì responsabile di tutto ciò che riguarda l’alimentazione, i cosmetici, gli integratori alimentari, i prodotti a base di tabacco ed i dispositivi che emettono radiazioni. E’ nota per essere una delle agenzie con questi scopi più severa del mondo.
Sclerosi Multipla e Ccsvi
La sclerosi multipla è una malattia progressiva, che colpisce il midollo spinale ed il cervello: il rivestimento delle fibre nervose viene lesionato provocando sintomi neurologici seri e fortemente invalidanti, soprattutto con il passare del tempo. La Ccsvi invece è un’ insufficienza venosa cerebro-spinale cronica, causata da una stenosi, ovvero un restringimento delle vene del collo e del torace. Secondo alcuni studiosi, questa patologia potrebbe essere alla base (o semplicemente contribuire alla progressione della malattia) della SM dato il minor afflusso di sangue al cervello. Da qui il cosiddetto metodo Zamboni, perché ideato e messo a punto dal medico italiano, che consiste in un’angioplastica con palloncino o con l’applicazione di stent sulle vene caratterizzate da stenosi con lo scopo di dilatarle e favorire il ritorno venoso dal cervello e dal midollo spinale.
L’allerta della FDA
Ma l’agenzia americana avvisa
“poiché non esistono prove attendibili certificate da studi clinici controllati che questa procedura sia efficace nel trattamento della sclerosi multipla, si incoraggiano ulteriori approfondimenti, condotti in modo rigoroso, atti a valutare l’effettiva relazione tra Ccsvi e SM. I pazienti nel frattempo sono invitati a valutare adeguatamente il rapporto rischio-beneficio di questa procedura con un neurologo o altro specialista medico che abbia familiarità sia con le due malattie che con le procedure ed i risultati clinici”
Il tutto nasce da alcune segnalazioni ricevute circa alcuni casi di ictus, distacco degli stent, lesioni e decessi associati( o associabili ndr) alla tecnica sperimentale. In particolare, spiega ancora l’agenzia, i palloncini e gli stent utilizzati, sono stati approvati coome dispositivi medici per altre patologie e non per la la Ccsvi. Gli studi scientifici dunque sul metodo Zamboni proseguiranno, ma previe autorizzazioni specifiche e con un’attenzione speciale ai risultati in efficacia e sicurezza, di cui l’Fda continuerà ad essere garante e a darne comunicazione. Il rigore nella scienza è necessario, e di sicuro se le risposte saranno positive il metodo Zamboni cesserà una volta per tutte di essere considerato “controverso”.
Fonte: Fda
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