Oggi l’80 per cento dei bambini diabetici è affetto da diabete di tipo 2, quello per definizione “senile“, dovuto a cattive abitudini alimentari. La società deve darsi nuove regole e adottare al più presto dei cambiamenti drastici all’alimentazione. A lanciare l’allarme è Michele Carruba, presidente della Società italiana dell’obesità che ha partecipato al comitato scientifico per l’attribuzione dell’Expo 2015 alla città di Milano. Il quadro che delinea è a dir poco inquietante:
“Nel nostro Paese ci sono 16 milioni di persone sovrappeso e 4 milioni di obesi, e il 13% dei giovani è fuori forma: una condizione da considerarsi patologica e strettamente correlata con il diabete”
Cosa si può fare da oggi al 2015 per correggere la rotta? Expo 2015 non vuole essere una manifestazione fieristica, ma un’occasione per riflettere e proporre nuove strategie su un grande tema di salute pubblica. La nutrizione è un discorso energetico che riguarda tutti, qualcosa che va oltre il benessere perché è alla base della vita. Oggi ci sono 900 milioni di persone che lottano per la sopravvivenza e un miliardo che rischia di morire per il sovrappeso.
Bisogna bilanciare le situazioni adottando gli strumenti che la scienza è in grado di offrire. Sementi più efficienti, razionalizzazione dell’uso dell’acqua, potabilizzazione e, al contempo, un contenimento degli sprechi occidentali. Dopo la II Guerra mondiale c’è stata una corsa all’allevamento intensivo per garantire più proteine a tutti. Oggi, bisogna fare il punto (innanzitutto con la politica) sulle nuove possibilità del comparto agroalimentare perché fame e obesità paradossalmente sono due facce della stessa medaglia.
Quali strategie possono risultare più efficaci per ridurre l’emergenza diabete? La leva più efficace nel breve periodo è l’intervento sui comportamenti dei singoli, ma per il futuro non si può prescindere da macrodecisioni di sostenibilità ambientale. I bambini mangiano male e ingrassano e sono tre volte più esposti degli altri al rischio obesità. Bisogna cominciare con la cultura alimentare fin dai banchi di scuola.
Le famiglie devono dedicare più tempo a scegliere cosa portare sulla tavola. Per gli adulti il discorso cambia. Occorre agire sulle motivazioni individuali. Il nostro sistema sanitario non può limitarsi a prescrivere farmaci ma deve prendersi cura della persona e cercare soluzioni praticabili concretamente senza diktat dall’alto. L’obesità pesa sulle casse dello Stato per 22,8 miliardi, senza contare i costi sociali della malattia. Le soluzioni vanno cercate cambiando alle radici la cultura alimentare, che ha portato a questo disastro.