E’ appena cominciato il lungo iter legislativo e parlamentare che vede impegnata la Commissione Igiene, presieduta da Antonio Tomassini in quota PdL, nella discussione di una serie di decreti di legge aventi per oggetto diversi provvedimenti in ambito socio-sanitario. Non solo il tanto discusso atto relativo al testamento biologico – è di giovedì 6 novembre la prima sentenza, emanata da un giudice tutelare modenese che recepisce la volontà di un cinquantaduenne di nominare la propria moglie quale “amministratore di sostegno” – ma anche due progetti normativi inerenti alla prevenzione ed al trattamento dell’endometriosi che aprirebbero, nello specifico, all’istituzione di un registro nazionale delle donne colpite dalla patologia. Un consenso preventivo e pressochè unanime lascia ben sperare rispetto ad una decisione, in senso positivo, in tempi piuttosto celeri.
L’endometriosi è una malattia spesso progressiva nel cui corso alcune cellule della mucosa uterina s’impiantano al di fuori dell’utero: si tratta di una malattia cronica e complessa, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, l’endometrio, in altri organi quali ovaie, tube, peritoneo, vagina e intestino provocando sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto cicatriziale, aderenze ed infertilità. La causa dello sviluppo dell’endometriosi, non è stata ancora chiarita.
Emorragie mestruali prolungate o cicli abbreviati ne aumentano il rischio: nel 63% dei casi è a tal punto dolorosa da risultare invalidante. Ma anche fattori genetici e sostanze inquinanti, come ad esempio, la diossina, aumentano la predisposizione all’endometriosi. Ultimamente il parere dei medici nei confronti di questa patologia è cambiato: va curata, non estirpata come fosse un tumore: è quanto affermano i ginecoloci della Sigo, Società italiana di Ginecologia e Ostetricia, e della Esge, Società europea di endoscopia ginecologica, che di recente hanno preso parte al Congresso europeo che si è svolto a Lisbona.
Infatti, fino a poco tempo fa i pazienti erano costretti a ricorrere alla chirurgia demolitiva poiché si arriva tardi alla cura della malattia, anche sei, sette anni dopo la comparsa dei primi sintomi. La diagnosi precoce, invece, potrebbe rallentare l’evoluzione dell’endometriosi ed evitare di ricorrere alla chirurgia. L’ecografia transvaginale e alcuni marcatori come il Ca 125 possono consentire l’individuazione e la cura della malattia nelle sue prime fasi. In questi casi potrebbe rilevarsi efficace l’uso di ormoni come gli estro-progestinici, che hanno anche un effetto contraccettivo. Solo nei casi di una malattia in stato avanzato si ricorre alla chirurgia tradizionale, cercando di conservare l’apparato riproduttivo e di non coivolgere altri organi pelvici, come vescica e intestino.