In molti ospedali statunitensi può accadere di vedersi negata la possibilità di un trapianto d’organo se si è fatto uso di cannabinoidi. I pazienti che hanno assunto marijuana possono infatti venire esclusi dalle liste di attesa per la donazione di organi, anche se l’assunzione è avvenuta per scopi terapeutici su prescrizione medica (pratica consentita in 12 stati). Questo perchè chi ha fatto, o fa, uso di cannabinoidi corre il rischio di sviluppare una dipendenza da queste sostanze che rischierebbe di rendere vani i risultati ottenuti con il trapianto esponendosi al rischio di contrarre l’aspergillosi, una patologia causata da una muffa che si può trovare sulla marijuana, ma anche sul tabacco la cui insorgenza risulta agevolata dagli immunosoppressori, i farmaci che i trapiantati d’organo assumono per limitare il rischio di rigetto.
I criteri di ammissione alle liste d’attesa per i trapianti variano nei diversi ospedali perchè lo United Network for Organ Sharing (che gestisce la donazione degli organi negli Stati Uniti) lascia che sia ogni singola struttura sanitaria a stabilirli autonomamente, ma il fenomeno ha indignato enormemente gli antiproibizionisti che ritengono questa prassi colpevole di aver già fatto due vittime. E un altro uomo affetto da Epatite C, che necessita di un trapianto di fegato per continuare a vivere, è in fin di vita per aver assunto cannabinoidi a scopi antidolorifici.
In ogni caso, è la spiegazione fornita per giustificare questa scelta che lascia davvero interdetti: gli organi sono pochi e non ci si può permettere di donarli a chi mette comunque a rischio la propria vita mostrando la propensione a drogarsi. Anche se tale “propensione” è giustificata dalla necessità di assumere potenti antidolorifici dietro prescrizione e sotto controllo medico. Sempre ammesso che sia giusto negare il diritto di salvarsi la vita a una persona che fa uso di droghe.