Curare un tumore con le radiazioni dal suo interno. Una novità in campo scientifico, sulla quale molti ricercatori lavorano da anni. Fra tutti, quelli guidati dal professor Yona Keisari del Dipartimento di Microbiologia Umana dell’Università Sacker di Tel Aviv e dal professor Itzhak Kelson (Dipartimento di Fisica ed Astronomia) del medesimo istituto scientifico. I due sono riusciti infatti a mettere a punto un particolare metodo per curare i tumori solidi basato su un sottilissimo filo radioattivo (lungo circa un centimetro e sottile approssimativamente come uno spillo), in grado, una volta inserito all’interno della massa tumorale di emettere atomi radioattivi.
Insomma una radioterapia dall’interno del tumore anziché dall’esterno.Il principio è lo stesso della brachiterapia attualmente in uso, anche se diverse sono le tecniche e le modalità. Questa metodica, (diciamolo subito: ancora in fase di studi preliminari) provocherebbe la distruzione delle cellule neoplastiche che in circolo nell’organismo attiverebbero una fisiologica risposta immunitaria, a tal punto da prevenire recidive e soprattutto lo sviluppo di metastasi. La sperimentazione clinica (ovvero sull’essere umano) di questa tecnica definita di “ablazione del tumore” potrebbe iniziare a breve presso il Beilinson Hospital di New York.
Numerose le ricerche scientifiche pubblicate al riguardo dai due scienziati ed una in particolare pubblicata sulla rivista Translational Research nei mesi scorsi ha evidenziato come tale tecnica abbinata alla chemioterapia (con rilascio cioè contemporaneo sia di radiazioni che del farmaco chemioterapico gemcitabina) in vitro, su cellule di carcinoma pancreatico di topi ed umane abbia avuto risultati unici ed insperati, a tal unto da ipotizzarla da subito come nuova cura palliativa per i pazienti affetti da tumore al pancreas (ovvero per alleviarne i sintomi).
Il professor Yona Keisari, da anni impegnato nella lotta contro il cancro ha sviluppato anche un’altra tecnica che anziché prevedere radiazioni, utilizza l’elettricità. In questo caso si inseriscono nel tumore (sempre solido) degli elettrodi che poi vengono attivati dall’esterno: da qui la reazione chimica che porterebbe le cellule neoplastiche alla distruzione. Come spesso ci teniamo a ricordare, si parla di ricerche scientifiche in fase ancora sperimentale, benché avanzata. Oggi le nuove tecnologie permettono di sviluppare cure innovative, ma soprattutto di testarle in maniera più rapida che nel passato.
Nei giorni scorsi, in Italia il primo censimento sul cancro nel 2011 realizzato dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dall’Associazione italiana registri tumori (Airtum): benché si assista ad un aumento delle diagnosi (1.000 al giorno) è nettamente aumentata la sopravvivenza a 5 anni. Segno che la ricerca scientifica e tecnologica per curare i tumori sta dando i suoi frutti.