Essere colpiti da un ictus è un evento improvviso, quanto mai drammatico, che spesso se permette la sopravvivenza lascia una disabilità più o meno rilevante, che se non trattata subito ed adeguatamente porta a cronicizzazione certa. Una nuova ricerca scientifica ha però individuato una tecnica capace di migliorare i sintomi anche dopo un anno dall’evento: attraverso la vibrazione.
Il lavoro è stato svolto presso il Laboratorio di Neurologia Clinica e Comportamentale della Fondazione Santa Lucia con la collaborazione dell’Università Cattolica di Roma. Ma vediamo nel dettaglio.
E’ noto che nel cervello degli esseri umani esistono una sorta di “mappe” neuronali, che grazie ad una particolare loro plasticità, dopo un evento ictale possono essere riattivate, corrette, con un’adeguata ed immediata terapia. Dopo più di un anno non si riteneva fosse possibile aggiustare queste mappe, ma il nuovo studio sembra dare nuove speranze.
Sono stati individuati 30 pazienti volontari (età media 65 anni, cioè quella in cui si manifesta con più frequenza l’ictus), stabilizzati con emiparesi da almeno un anno e senza deficit cognitivi e/o di linguaggio severi.
Il deficit motorio e la spasticità conseguente riguardava l’arto superiore. Sono stati trattati attraverso uno strumento capace di erogare una vibrazione a frequenza costante di 100 hz, per 3 applicazioni al giorno di 10 minuti con una pausa di 60 secondi tra l’una e l’altra.
Il tutto proseguendo la normale ed individuale terapia riabilitativa, ma senza farmaci o effetti collaterali. Per soli tre giorni di seguito.
Per documentare i risultati, i volontari sono stati valutati, prima dell’applicazione della vibrazione e dopo circa due settimane, attraverso la TMS ovvero la Stimolazione Magnetica Transcranica.
Si tratta di una metodica non invasiva che serve a studiare la funzionalità del sistema motorio sia in persone sane che in pazienti neurologici. Ebbene i risultati sono stati fortemente incoraggianti: è stato infatti possibile riscontrare in abbinamento alle modificazioni neurofisiologiche, anche una riduzione della rigidità muscolare e un recupero motorio del 30%.
Questi risultati a breve saranno pubblicati sulla rivista scientifica Neurorehabilitation and Neural Repair.
Notevole direi, per la qualità della vita delle persone in questione!
[Fonte: Fondazione Santa Lucia]