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Anoressia: la testimonianza di chi ne ha sofferto

L’anoressia e la bulimia, due facce della stessa medaglia raccontate da una donna che le ha conosciute da vicino: Chiara. Ha 43 anni, la mia età e ci siamo conosciute casualmente durante una cena con una fetta di torta in mano. Ha una costituzione robusta, un’ossatura grossa, ma non mi sembra sovrappeso. Sorridendo, ha iniziato subito a raccontarmi la sua storia.

“Una volta, finita questa fetta di dolce sarei corsa in bagno a vomitare. Ero poco più di una bambina e sono stata fortunata ad invertire la rotta”.

La mia curiosità è stimolata, del resto, lei ha voglia di darmi la sua testimonianza.

“In terza media qualcuno mi prendeva in giro perché ero cicciotella, ma ci ridevo sopra: ho sempre avuto una carica emotiva positiva, ero piena di amiche ed amici, anche numerosi pretendenti. I chili di troppo erano l’ultimo dei miei pensieri. Poi alle superiori ho incontrato nuove amiche. Il caso ha voluto che fossero tutte super magre anche se come me amavano mangiare chiacchierando: che cene divertenti ….!“

Chiara praticava pallavolo, non a livello agonistico, ma se la cavava e si teneva in forma: bruciava (senza saperlo) quelle calorie in più che acquistava mangiando un gelato con le amiche. A 14 anni ha poi fatto una scoperta: una di loro si  provocava volontariamente il vomito dopo pranzo e con drammatica ironia affermava che era una tecnica per non ingrassare.

“Ho cominciato a guardarla con occhi diversi, mi sono resa conto che era bella, almeno 20 cm più alta di me e soprattutto con 10 chili di meno addosso. Per un paio di mesi ogni volta che mangiavo pensavo al suo vomito indotto e alla sua linea. Nel frattempo ho cominciato a fare una dieta: niente dolci, poi via il pane e la pasta, la colazione della mattina eccetera.

Più dimagrivo e più provavo soddisfazione nel mio successo, ma allo stesso tempo volevo andare oltre: capivo che la mia struttura, la mia ossatura non mi avrebbero mai permesso un fisico come quello di Barbie, ma volevo avvicinarmici (stupidamente) quanto più possibile. Così ho iniziato anch’io a provocarmi il vomito”.

Un momento drammatico per Chiara, perché si era resa conto di non riuscire a controllare più i crampi della fame. Saltava colazione e pranzo, si nutriva solo di spremute. Era facile perché in quegli orari  era sola. La sera invece si preparava un panino con la scusa di dover studiare e si rinchiudeva in camera: la cena finiva al cane. I genitori erano ovviamente preoccupati nel vederla sempre più magra ed isolata ed allora insistevano per farla mangiare. Lì le abbuffate e la bulimia: non riusciva a controllarsi. Seguivano il vomito ed una  depressione sempre più pressante. Poi è arrivata anche l’amenorrea. Chiara non pensava che dipendesse dalla sua dieta dimagrante. Aveva perso 15 chili in pochi mesi.

“Mi ero isolata, non frequentavo più le mie amiche dopo la scuola: da quando avevano cominciato a dirmi che ero dimagrita troppo, che avevo l’osso dello sterno che si vedeva, che ero diventata triste e mi ero allontanata da loro. Era vero, avevo anche lasciato anche lo sport, non ce la facevo a correre e saltare”.

Poi è capitata una cosa: in classe la bella amica è svenuta e Chiara l’ha accompagnata al pronto soccorso. Qui un medico dopo avere valutato la ragazza si rivolto a lei fissandola negli occhi:

“Signorina lei è decisamente sottopeso, scommetto che non ha il ciclo mestruale da almeno tre mesi e le si stanno cariando i denti. La sua pelle è ingiallita ed ha sempre male alla pancia. Soffre di anoressia ed ha bisogno di aiuto!”

Parole chiare e nette, una diagnosi precisa e Chiara aggiunge:

“Non dimenticherò mai quella situazione di imbarazzo, un rossore che sentivo salire da dentro fino alle guance e poi una sensazione di sollievo. Ero malata e potevo curarmi: qualcuno aveva preso consapevolezza per me”.

Una terapia durata tre anni l’ha fatta rinascere. Ancora non sa come è caduta in questa trappola, ma è consapevole che guarire è possibile, se qualcuno ti offre aiuto, quello che una malata di anoressia non ha la forza di chiedere. Parlarne è importante. Per questo mi ha autorizzato a scrivere la sua storia. Grazie Chiara.