Ancora un passo avanti nella ricerca sulla Sclerosi Multipla. Il prof. Paolo Zamboni direttore del Centro malattie vascolari dell’Universita’ di Ferrara ha presentato gli esiti dei suoi studi a Toronto nel corso del 62esimo Congresso dell’Americam Academy Neurology. Una sede prestigiosa per spiegare e rinnovare il successo che sta ottenendo con il suo lavoro: secondo lo studioso esiste un profondo legame tra la Ccsvi (insufficienza venosa cerebrospinale cronica) e la sclerosi multipla. Vi spieghiamo meglio:
la S.M. è una malattia infiammatoria cronica che colpisce il sistema nervoso centrale. Ancora non esiste una terapia specifica, perché ancora non sono chiare le cause dell’insorgenza della patologia. Il prof. Zamboni ha analizzato circa 300 volontari: 65 affetti da varie forme di sclerosi e 235 sani o con altri disturbi neurologici. Ne è risultata una notevole connessione tra l’insorgere della S.M. e l’insufficienza venosa.
Da qui è stato possibile immaginare che la Ccsvi possa essere l’origine o comunque una concausa della malattia. L’ipotesi scientifica spiega: ostruzioni e restringimenti delle vene (cioè l’insufficienza venosa dovuta forse a malformazione congenita), complicherebbero il passaggio di sangue da depurare, proveniente dal cervello e dal midollo. A questo punto elementi tossici si accumulerebbero nell’area provocando la reazione autoimmune che origina la sclerosi multipla.
Il bello è che la diagnosi si fa con un banale ecodoppler e si può trattare con una certa semplicità: si fa penetrare un catetere attraverso una vena e si vanno a dilatare i vasi ostruiti. Interventi di questo tipo su malati di sclerosi hanno portato risultati confortanti: la malattia si blocca o rallenta con decisione il suo drammatico decorso. Lo studioso italiano ha comunque invitato alla prudenza:
I dati sono pochi, devono essere confermati e ampliati da altri ricercatori. Forse ho solo individuato uno dei fattori alla base del problema. Quindi è importante che nel frattempo i malati proseguano con le loro attuali terapie.
L’Aism (Ass.Italiana Sclerosi Multipla) che si occupa anche di ricerca scientifica ha già avviato diversi studi al riguardo, anche in collaborazione con lo stesso prof. Zamboni. Non potendo offrire certezze ai malati, nel frattempo è giusto attendere ed usare cautela.