Home » MEDICINA TRADIZIONALE » Chiururgia » Parto cesareo, in Italia se ne abusa

Parto cesareo, in Italia se ne abusa

 

 Parto cesareo, ovvero quella tecnica chirurgica necessaria ad evitare complicanze, spesso a salvare la vita alla donna o al bambino che sta per nascere. In Italia nel 1980 si praticavano 11 cesarei ogni 100 nascite. Nel 1985 l’Oms raccomandava di non eseguire più di un taglio ogni 7 parti. Questo dato, corrispondente al 15% della casistica, rappresenta la soglia limite oltre la quale non esiste certezza di beneficio per mamma e bimbo. In Italia eravamo bravi dunque.

Da quegli anni, le indagini diagnostiche, i controlli in gravidanza ed il ricorso ad una analgesia epidurale anche per i parti spontanei avrebbe dovuto provocare una ulteriore inversione di tendenza. Invece no, siamo arrivati addirittura al 38%, primi assoluti in tutta Europa, seguiti dal Portogallo con un 33% e poi dall’Olanda con il 15%. Se si leggono le casistiche, si scopre che nella regione Campania si arriva addirittura al 62%, contro il 23 % del Friuli Venezia Giulia.

Anche se non dovrebbe essere ovvio, il maggior numero di cesarei si registra nelle strutture private. Sulla base di queste considerazioni, il Sistema nazionale per le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (SNLG-ISS) ha deciso di attivarsi sull’argomento, con una serie di indicazioni rivolte ai medici e agli specialisti ostetrici, nonchè alle stesse gestanti. L’informazione corretta sulle metodiche, sulle tecniche, sui rischi, sul consenso informato, sui diritti di scelta è fondamentale e, data la situazione, non troppo diffusa.

Ma c’è da domandarsi, come mai una casistica tale? Al giorno d’oggi, con le giovani donne che tendono a stili di vita salutari, all’uso sempre più frequente di terapie naturali e non convenzionali, con un ritorno anche alla scelta del parto in casa, come è possibile questo ricorso esagerato ad una tecnica chirurgica? Da cosa dipende questa medicalizzazione? Molto purtroppo dipende dalla paura del parto, dalle ansie che dominano le future mamme che purtroppo non vedono certo, il loro diritto ad un parto senza dolore.

Sono quindi le stesse donne che richiedono il cesareo, per avere la certezza di non soffrire, ma non sanno, non gli viene opportunamente comunicato….che il taglio non è propriamente un graffio ed ha un decorso sicuramente più doloroso e lungo rispetto al parto naturale. E’ un intervento chirurgico e come tale ha i suoi rischi. Per non parlare poi di altri effetti “collaterali”: superato, grazie alle abilità ed innovazioni chirurgiche, l’aspetto estetico del taglio, rimane quello del danno strutturale: se ad esempio volete avere un’altra gravidanza nel giro di poco tempo,  sarete obbligate ad un altro cesareo. Anzi, molti specialisti, ancora, dopo un primo cesareo, non fanno partorire spontaneamente le loro pazienti neppure dopo 10 anni, cosa che la moderna ostetricia disconosce. Rimane una perplessità: perché le donne di oggi subiscono così tanti cesarei?

6 commenti su “Parto cesareo, in Italia se ne abusa”

  1. Spett.le medicina live
    vorrei fare due domande in base alle linee guida e protocolli medici che erano in vigore nell’anno 1980:
    . la prima e’ sapere se nel 1980 era obbligatorio o no riportare sulla cartella clinica di un parto “l’ora” in cui dalla sala travaglio la donna partoriente veniva portata in sala parto perche’ raggiunta la dilatazione giusta per potere partorire.
    . la seconda e’ se l’ostetrica durante il travaglio poteva decidere autonomamente di “rompere le acque” della partoriente, cioe’ senza chiederlo al medico ginecologo
    Ringrazio per l’attenzione e rimango in attesa di risposta.
    Cordiali saluti Patrizia Righi.

    Rispondi
  2. Spett.le medicina live
    vorrei fare due domande in base alle linee guida e protocolli medici che erano in vigore nell’anno 1980:
    . la prima e’ sapere se nel 1980 era obbligatorio o no riportare sulla cartella clinica di un parto “l’ora” in cui dalla sala travaglio la donna partoriente veniva portata in sala parto perche’ raggiunta la dilatazione giusta per potere partorire.
    . la seconda e’ se l’ostetrica durante il travaglio poteva decidere autonomamente di “rompere le acque” della partoriente, cioe’ senza chiederlo al medico ginecologo
    Ringrazio per l’attenzione e rimango in attesa di risposta.
    Cordiali saluti Patrizia Righi.

    p.s. Ringrazio se verro avvertita di eventuale risposta via e-mail

    Rispondi
  3. @ Righi Patrizia:
    Ciao Patrizia. E’ difficile risponderti. Non conosco tutte le linee guida in vigore ai tempi, se non l’aspetto che ho segnalato e pochi altri. Credo che l’ora dell’entrata in sala parto sia una questione burocratica più che legata alle linee guida.
    Per ciò che riguarda la rottura delle acque, credo che rientri nel non dover medicalizzare il parto, come l’utilizzo dell’ossitocina. Ho partorito la prima volta nel 2007: le acque me le ha rotte l’ostetrica, ma mi ha chiesto se ero d’accordo, anche perché mi ero duramente opposta all’ossitocina! Ma Credo comunque che in presenza di un parto fisiologico senza complicanze l’ostetrica abbia le adeguate capacità di giudizio per far nascere un bimbo senza il ginecologo. Ti dico questo per vaghi ricordi….ed in qualità di mamma. Ma non dare x oro colato queste info.
    Se trovo qualcuno che ti sappia rispondere meglio ti aggiorno. Dammi un pochino di tempo….Semmai sollecitami fra un po. 😉 Nel frattempo speriamo che qualcun altro legga il tuo messaggio e sia più bravo di me.
    Ciao

    Rispondi
  4. @ Righi Patrizia:
    Se riesco ad avere informazioni intervistando un ginecologo esperto, scrivo un aticolo e ti mando un il link via mail. Ok?

    Rispondi

Lascia un commento

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.