Molte giovani donne italiane si confermano, ahìnoi, proprio a digiuno in materia di contraccezione. Al punto da essere convinte che la pillola del giorno dopo vada assunta prima e non in seguito a un rapporto sessuale potenzialmente a rischio di gravidanza. Ad affermarlo è il sottosegretario al Lavoro, salute e politiche sociali Eugenia Roccella, nel corso di un suo intervento in occasione del convegno “Politiche per un contrasto all’interruzione volontaria di gravidanza nelle donne a rischio” tenutosi nei giorni scorsi alla biblioteca del Senato di Roma. Non a caso nell’ultimo anno la vendita del farmaco (commercializzato con il nome di Norlevo o Levonelle) è aumentata di 50mila unità.
Il fenomeno riguarda soprattutto giovani donne fra i 14 e i 20 anni (il 55% dei casi) che ricorrono a quello che dovrebbe essere in realtà un metodo contraccettivo di emergenza per evitare gravidanze indesiderate addirittura il sabato sera prima di uscire, nella convinzione che questo sia sufficiente per proteggersi e non occorra prendere ulteriori precauzioni (ammesso che un gesto del genere lo sia).
La causa? Informazioni carenti e lacunose sulla pillola del giorno dopo e un’idea fuorviante di contraccezione che riduce, afferma la Roccella, la prevenzione delle gravidanze indesiderate alla semplice adozione di metodi anticoncezionali come la pillola o il preservativo (anche questo usato male, nonostante la sua popolarità). Il concetto di prevenzione andrebbe invece ampliato e le campagne di informazione dovrebbero puntare anche su una maggiore responsabilizzazione non solo della coppia, ma anche dei singoli.
Compresi gli uomini, tradizionalmente esclusi dalla scelta di metodi preventivi della gravidanza come se la questione non li riguardasse direttamente. Invece occorre partire proprio da un atteggiamento maggiormente consapevole rispetto alla sessualità e alla procreazione per ridurre il numero di gravidanze indesiderate tra le giovani e, di conseguenza, il ricorso alle loro interruzioni volontarie.