Secondo i dati diffusi al Quarentatreesimo Meeting annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL), che si svolge in questi giorni a Milano, sono 29 milioni (6%) gli europei affetti da patologie epatiche. Il dato più preoccupante finora emerso è quello che riguarda l’aumento costante in tutta Europa del numero di epatopatie alcoliche, ovvero le malattie del fegato causate dall’abuso di alcol, che ogni anno uccidono ben 13.000 persone e rappresentano la seconda causa di trapianto di fegato dopo il virus dell’epatite C. Il fenomeno è riconducibile, oltre al cambiamento degli stili di vita, che ha visto l’aumento delle occasioni conviviali nelle quali ci si ritrova spesso proprio per consumare alcol, anche alla crescente diffusione dell’abuso di sostanze alcoliche tra le donne e gli adolescenti.
Mentre il numero di pazienti affetti da steatosi epatica non riconducibile all’abuso di alcol ma a insulino-resistenza, diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica, rimane quasi invariato, con un’incidenza compresa fra il 3 e il 24%. Si registra invece una netta diminuzione dei casi di epatite virale soprattutto di epatite B e C. In Europa sono ben 10 milioni i portatori di epatite virale, la gran parte dei quali (più di 8 milioni) hanno contratto l’infezione da virus dell’epatite C (HCV), responsabile di molti dei casi di cirrosi e di carcinoma epatocellulare, patologia che uccide 40.000 persone ogni anno.
Riguardo la situazione dei trapianti di fegato nel nostro paese dal meeting giungono buone notizie almeno per quanto riguarda i dati relativi alla percentuale di sopravvivenza dopo l’intervento: il 90% dei pazienti sopravvive fino a un anno dall’operazione, percentuale che giunge al 70% dopo 5 anni e al 65% dopo 10. Tuttavia, tra i casi di pazienti trapiantati affetti da epatite C, si registra un 20% che dopo 5 anni necessita nuovamente di un fegato a causa di una recidiva. Talvolta si procede a un nuovo intervento, ma non sempre vi sono le condizioni per poterlo fare. Meno buone invece le notizie riguardanti la disponibilità di organi: sempre più vecchi e sempre meno in buono stato. Il problema riguarda tutta Europa, come rileva Andrew K. Burroughs del Royal Free Hospital di Londra, e potrebbe trovare una soluzione se aumentasse il numero di persone disposte a donare i proprio organi in caso di morte.