Il microcitoma polmonare o carcinoma a piccole cellule rappresenta circa il 18% di tutti i casi di tumore ai polmoni. E’ molto aggressivo, ma anche estremamente sensibile ai chemioterapici, che rappresentano dunque la terapia d’elezione per questa neoplasia, rarissimi e selezionati i casi di possibile chirurgia. Purtroppo però la sua prognosi è ancora piuttosto infausta: la sopravvivenza a 5 anni è solo del 5%.
Questo non deve indurre ad abbandonare le speranze perché i numeri sono relativi e molto dipende dalle condizioni generali di salute del paziente, e soprattutto perché comunque una sopravvivenza seppur in percentuale minima esiste. Nel 2009 si è parlato di una pillola in sperimentazione, capace di ridurre, sui topi, la diffusione di questo tipo di cancro nel 50% dei casi. La notizia (che avevamo riportato qui) ha creato molte speranze. In molti giustamente, ci chiedono che fine abbia fatto questa presunta nuova e preziosa terapia. Per una risposta concreta abbiamo chiesto il parere ad un esperto, l’oncologo Carlo Pastore:
“la ricerca scientifica a cui si fa riferimento è la seguente (ndr per chi volesse cercarla direttamente): “The fibroblast growth factor receptor inhibitor PD173074 blocks small cell lung cancer growth in vitro and in vivo”. Si tratta di un articolo riguardante un preparato sperimentale (ancora in fase precoce di ricerca) che ha evidenziato una remissione della neoplasia (SCLC, microcitoma polmonare) nel 50% dei topi trattati, durata più di sei mesi. Il tutto è ben lontano dal guarire la metà dei pazienti (magari!!!)”.
Esistono altre cure possibili simili a questa invece già in commercio o sperimentazione più avanzata? E quale è il normale protocollo?
“Ad oggi non esiste un preparato simile in commercio e nella pratica clinica. Il microcitoma polmonare (l’acronimo inglese è SCLC (small cells lung cancer). Si tratta di una neoplasia di per se già inoperabile al momento della diagnosi a prescindere dalla dimensione ed uno dei principali fattori di rischio è il tabagismo. I protocolli di chemioterapia prevedono una prima linea con la combinazione cisplatino ed etoposide, seguita a ripresa di malattia da una seconda linea con topotecan (ed eventualmente una antraciclina). La radioterapia ha un ruolo nel trattamento di linfonodi mediastinici e nella profilassi delle metastasi cerebrali. Gli organi che vengono con maggiore probabilità coinvolti dal processo metastatico sono il polmone controlaterale, i linfonodi, il cervello, il fegato, lo scheletro”.
Lei si occupa anche di ipertermia, utile nei tumori solidi, in questo caso può giovare?
“Sì, l’ ipertermia trova un ottima collocazione come terapia coadiuvante (sia profonda locoregionale che total body) offrendo una possibilità di migliorare le condizioni generali e la risposta alle ulteriori terapie oncologiche”.
In realtà esistono anche poche ricerche cliniche in corso per questa forma di tumore ai polmoni, più rara rispetto a quelle “non a piccole cellule” che rappresentano l’80% dei casi, sono operabili chirurgicamente e per i quali anche di recente sono stati approvati nuovi medicinali. Per il microcitoma a piccole cellule, invece, che è quello di cui stiamo parlando, in Italia è recentemente partita presso l’Ospedale Niguarda una sperimentazione di fase II per alcuni farmaci da abbinare alla terapia convenzionale con la chemioterapia (è iniziata a settembre): due anticorpi monoclonali, ovvero quei farmaci definiti intelligenti che vanno ad agire su bersagli tumorali specifici. Ci tengo a specificare: non è una pillola che cura il tumore (tutt’altro!) e come si legge nel sito della struttura:
”Non conosciamo ancora quale sarà il beneficio clinico complessivo e sulla qualità di vita ma certamente sapendo che praticamente tutti i pazienti con microcitoma metastatico vanno incontro ad una resistenza farmacologica ai chemioterapici che condiziona la prognosi in modo negativo, la disponibilità di nuove e razionali opzioni terapeutiche rappresenta un arma in più per risultati clinici migliori”
Spero che queste informazioni possano esservi d’ausilio.