La tendenza delle donne a realizzarsi meno degli uomini in ambito lavorativo sarebbe, secondo la studiosa Susan Pinker, non solo socialmente, ma anche biologicamente determinata. Anni di lotte per la conquista della parità tra i sessi e per l’emancipazione delle donne sarebbero quindi stati inutili? Infatti a decretare sin dove può osare una donna sarebbe una predisposizione biologica contro la quale non si può nulla. Nel libro “The sexual paradox, extreme men, gifted woman and the real gender gap” la psicologa statunitense, rivela come le donne, sebbene ugualmente motivate e capaci, a volte anche più degli uomini (il contentino stavolta ce lo da una donna!), non riescano poi a raggiungere le vette del successo a causa della scarsa produzione di testosterone a fronte di un’abbondante secrezione di ossitocina, ormone coinvolto nei meccanismi dell’orgasmo e della maternità.
In particolare, secondo la Pinker, le donne sarebbero più propense, in virtù delle proprie caratteristiche ormonali, a scegliere impieghi che abbiano un’utilità sociale perchè maggiormente comunicative ed empatiche e ad avere un maggior ventaglio di relazioni interpersonali e interessi che esulano dall’ambito lavorativo. Sarebbe sempre l’ossitocina a portare la donna lavoratrice a sentirsi meno soddisfatta del proprio lavoro se per svolgerlo è costretta a passare meno tempo con i figli o a limitare la propria vita sociale. Gli ormoni in pratica portano le donne a compiere delle scelte professionali e di vita che limitano le loro possibilità di “raggiungere la vetta”.